Responsabilità penale medica: analisi critica della proposta Matone

La recente proposta di riforma della responsabilità penale del sanitario (primo firmatario on. Matone) ha prodotto un dibattito acceso nella comunità medica. La proposta è stata accusata di muoversi in senso peggiorativo rispetto alla legislazione in vigore i.e. l’art.6 della Legge n.24/2017 (Legge Gelli-Bianco). Proviamo ad analizzare la proposta di riforma in maniera sintetica e imparziale.

Innanzitutto occorre ricordare che in tema di responsabilità penale, l’art.6 della legge Gelli ha introdotto nel codice l’art. 590-sexies che esclude la responsabilità penale per il professionista in caso di imperizia qualora abbia agito nel rispetto delle linee-guida o, in assenza di esse, delle buone pratiche, salvo le specificità del caso concreto. Si rimane invece responsabili in caso di condotta imprudente o negligente.

Con la legge Gelli sparisce il riferimento al grado di colpa (lieve o grave che sia) della legge Balduzzi, e ci si concentra maggiormente sulla condotta censurabile del professionista sanitario che può risultare imperita, imprudente o negligente.

La mancanza di tale riferimento al grado di colpa fa emergere subito due tipi di interpretazioni opposte:

1 – La “sentenza Cavazza” (Cass. 50078/2017) che interpreta la legge Gelli in maniera ampia per cui si ritiene che la non punibilità si applichi, qualora siano rispettate le linee guida adeguate, anche in caso di imperizia grave nella fase esecutiva.

2 – La “sentenza Tarabori” (Cass. n. 28187/2017) interpreta invece la legge Gelli in maniera molto più restrittiva, a tal punto da, praticamente, sterilizzarla. In pratica si afferma che la norma è espressione dell’ovvio: non c’è colpa solo nel caso che vengano selezionate le LG adeguate al caso concreto e che queste vengano rispettate. Secondo questa sentenza, l’esimente penale della legge Gelli non troverebbe quindi applicazione: (1) nei casi non regolati da LG; (2) nei casi in cui ci si debba discostare dalle LG (caso concreto); (3) nei casi in cui vengono selezionate le LG errate; (4) quelle condotte che sebbene collocate all’interno di LG, non sono da esse regolate (e.g. errore di esecuzione di intervento chirurgico).

Le Sezioni Unite di Cassazioni vengono chiamate a intervenire in ruolo normofilattico, cioè ad operare una sintesi e dare una direzione giurisprudenziale univoca. La sentenza n. 8770/2018 (o “sentenza Mariotti”) conferma, in estrema sintesi, la permanenza dell’esimente penale in caso di “colpa lieve” nell’esecuzione delle raccomandazioni delle LG; rimane censurabile un’imperizia grave e rimangono censurabili ogni grado di imprudenza e negligenza.

La proposta “Matone”, per quanto riguarda la scelta delle corrette LG, osserva che: “Il professionista sanitario (che si voglia attenere alla legge Gelli_ndr) è chiamato, di volta in volta, a svolgere un rinnovato giudizio di prevedibilità ed evitabilità teso a verificare la persistente validità della regola osservata”. Appare del tutto evidente come questa condizione pone il professionista sanitario di fronte a ciò che possiamo definire una “missione impossibile”.

La proposta “Matone” sottolinea inoltre: “la difficoltà a separare concettualmente, in materia di responsabilità medica, l’imperizia dalla imprudenza e negligenza del professionista sanitario … problematica che era stata già evidenziata dalla giurisprudenza di legittimità precedente all’ultima riforma.”

“Da qui – continua il testo – l’esigenza di ricalibrare il precetto in modo da offrire un indice di valutazione del grado della colpa, confinando la responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria ai soli casi di colpa grave, riducendo le inevitabili oscillazioni giurisprudenziali in fase applicativa e garantendo la certezza del portato normativo ai suoi destinatari.”

Da cui l’art.1 della proposta: “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. La determinazione del grado della colpa è definita dai parametri di cui all’articolo 2236 del codice civile.”

Rammentiamo il testo dell’art. 2236 c.c. “Qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera risponde dei danni solo in caso di dolo o colpa grave”. Ecco che il richiamo all’art. 2236 c.c., che ha sempre echeggiato storicamente in ambito responsabilità medica, viene adesso reso esplicito.

Per quanto riguarda i parametri di demarcazione tra colpa lieve e grave in ambito sanitario, la sentenza “Mariotti” ci viene in aiuto: “Nella demarcazione gravità/lievità rientra altresì la misurazione della colpa sia in senso oggettivo che soggettivo e dunque la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell’agente e del suo grado di specializzazione; la problematicità o equivocità della vicenda; la particolare difficoltà delle condizioni in cui il medico ha operato; la difficoltà obiettiva di cogliere e collegare le informazioni cliniche; il grado di atipicità e novità della situazione; la impellenza; la motivazione della condotta; la consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa”.

Ma sarà veramente possibile in futuro giungere ad una completa depenalizzazione dell’atto medico? Riportiamo le parole del ministro della giustizia Nordio all’insediamento della commissione: “Mi rendo conto che è molto difficile per non dire impossibile una depenalizzazione del reato di colpa medica perché bisognerebbe intervenire sulla struttura complessiva di omicidio e lesioni colpose, della responsabilità omissiva, del nesso di causalità e via dicendo. Tuttavia, si può ridurre la possibilità di aggredire gli operatori sanitari con denunce e cause civili: il paziente è il primo interessato ad avere un medico che operi in serenità”.

Dalla redazione

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9 DICEMBRE 2023 / QUALITY-ADMIN

9 DICEMBRE 2023  /  DA QUALITY-ADMIN